« La psicologia si occupa dei "giochi" della mente: studia le partite che le persone giocano fra loro
e le neuroscienze studiano i mezzi con cui giocare: un bastone può servire al battitore per colpire la palla che il lanciatore gli lancia in una partita di baseball, ma lo stesso bastone può servire a qualcun altro per rompere la faccia di un amico. »
Luciano Mecacci

martedì 11 agosto 2009

Il concetto di infelicità


Gli infelici sono quelle persone che utilizzano la loro sofferenza per controllare le situazioni e ricattare gli altri utilizzando ciò che Berne chiama "gioco psicologico", ossia la modalità indiretta utilizzata per ottenere la soddisfazione di un bisogno senza l’assunzione di una responsabilità piena e chiara. Essi esprimono un sentimento di attesa e di passività. Questo tipo di persone semplicemente non agisce, non diventa protagonista della sua vicenda esistenziale. Solitamente rivestono il ruolo di vittime, persecutori e salvatori. L’infelicità è data dai seguenti presupposti: passività, grandiosità, pessimismo, narcisismo e produzione degli ideali.

Persecuzione, Vittimismo e Salvezza

• Persecutore: è caratterizzato dalla mancanza di riferimenti interni ed è guidato dal desiderio di vendetta. Non avverte la paura perché la evita trasformandola in odio verso l’oggetto apportatore di frustrazione. Una sua peculiarità è la rigidità (sia come strategia per fronteggiare il panico, sia per evitare il caos). Si difende dalla minaccia di destrutturazione, pensando «io sono superiore, tu sei inferiore, devi sottometterti».

• Vittima: è una persona che nasconde la propria rabbia ed esprime il proprio bisogno di amore, di completa dipendenza, il proprio dolore e la propria fragilità umana. La vittima è vittima del suo passato, dal quale non riesce a staccarsi, evitando così di procedere e lamentandosi costantemente del suo dolore e della sua sofferenza, ritenendosi colpevole di un qualsiasi danno; essa si aggrappa ad un persecutore interno, dal quale cerca sostegno e rassicurazione mantenendo uno stato di passività. E’ incapace di accedere al dolore, rende statica la vita di relazione e cerca di trattenere il presente, non ha niente da perdere perché ha già perso tutto. Si difende dalla minaccia di diventare consapevole e ragiona secondo la logica «Io sono impotente, tu sei potente, hai il dovere di occuparti di me».

Salvatore: cerca di apparire come una persona pia, sempre disposta al bene altrui; in realtà questa presunta solidarietà ha lo scopo di far tacere la falsa coscienza, evitare i sensi di colpa e guadagnare l’attenzione affettiva degli altri per dare un’immagine bonaria di sé. Egli si difende dalla minaccia di accorgersi delle proprie esigenze individuali sostenendo l’idea «Io sono più adeguato di te a vivere, tu essendo incapace devi accettare il mio sostegno ed aiuto». Il salvatore nella misura in cui deve fare il bene ad ogni costo limitando la libertà di scelta è un persecutore; nella misura in cui non si prende cura dei suoi bisogni affettivi è una vittima.

Il ruolo di vittima, persecutore e salvatore possono alternarsi con rapidità; essi costituiscono la grande massa di infelici e insoddisfatti che cercano di evitare un contatto con il reale, vivendo in uno stato di bassa vitalità, senza mete, preoccupato solo di salvare la propria immagine.

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