Eugenia, quindici anni, chiede ai suoi genitori di poter parlare con uno psicologo di una questione "personale". I genitori, perplessi e un po' preoccupati, decidono di accontentarla e, dopo essersi informati da amici che hanno già fatto questa esperienza con uno dei loro figli, fissano un appuntamento con una psicoterapeuta specializzata in adolescenti, nota tra i suoi clienti per essere sensibile e capace. Il padre si offre di accompagnarla ma lei insiste per andarci da sola.
Fin dalla prima seduta Eugenia entra in argomento raccontando della sgradevole sensazione di sentirsi “diversa” dalle sue coetanee, o piuttosto di non sapere bene "chi è veramente". Alla richiesta di fornire qualche elemento in più, Eugenia precisa: «qualche volta ho l’impressione di essere un ragazzo, ma quando poi sono con un ragazzo ho l’impressione di essere una ragazza. Mi sento però diversa dalle mie amiche. Ma se sono differente, mi dico, forse è perché sono omosessuale». Racconta poi di un sogno che ha fatto qualche tempo fa, ma di cui mantiene vivo il ricordo: «Ero al cinema con Sara, la mia migliore amica, ci abbracciavamo mentre le nostre compagne di scuola ci guardavano e ridacchiavano. La mattina, quando mi sono svegliata, ho avuto la sensazione di avere fatto un sogno orribile». Si sofferma poi sul senso di vergogna che ha provato a seguito di quel sogno, che ha sempre tenuto per sé senza parlarne con nessuno, anche se «alla fine, mi dico, non c’è nulla di male nell’essere omosessuale, tanti lo sono, sia maschi che femmine. Nella seduta successiva, a distanza di una settimana, Eugenia racconta di un altro sogno che ha fatto nel frattempo. «Arrivo in un luogo pieno di gente in cui non conosco nessuno, una ragazza mi prende la mano e mi abbraccia. Gli altri dicono in coro "Allora è quella la tua fidanzata!". Penso, "devo uscire da questa storia", la ragazza però insiste nel tenermi stretta a sé e mi bacia sulla guancia. Io non so che fare, se svincolarmi o restare. Il sogno va avanti e la scena cambia. Nel corso di una serata in casa di amici vedo un ragazzo fichissimo, lo avvicino e gli chiedo di uscire. Il tizio mi piace molto. Torno dalla ragazza che mi aveva abbracciata e con decisione le dico "sono etero". Poi me ne vado col ragazzo di cui però non riesco a vedere il viso».
Dunque, che dire dell’orientamento sessuale di Eugenia? È omosessuale oppure eterosessuale? E nell’un caso come nell’altro, da che cosa si sta difendendo la nostra quindicenne e perché? La psicoterapeuta, che non ha certo pregiudizi in merito e che in passato ha aiutato vari adolescenti omosessuali (maschi e femmine) ad accettare la propria omosessualità, questa volta è convinta che la sua giovane cliente sia eterosessuale per due diverse ragioni, sia pure strettamente intrecciate tra loro.
- I fantasmi omosessuali espressi da Eugenia nei sogni non sono indicativi di una tendenza omosessuale, bensì dalla difficoltà dell’incontro amoroso con il maschio. Essi rappresentano una sorta di evitamento, o di fuga, di fronte ad una eterosessualità che a Eugenia, in questa fase della sua vita e del suo sviluppo, appare angosciante. Un investimento temporaneo di tipo omosessuale, senza contatti sessuali veri e propri ma con una serie di reciproche attenzioni mutuamente narcisistiche, può rappresentare una sorta di conforto, per lei (e per l’amica del cuore), in quel passaggio adolescenziale in cui la penetrazione è fantasticata come un evento inquietante, temuto, una minaccia alla propria integrità fisica e psicologica.
- Questo investimento affettivo su una persona dello stesso sesso, generalmente della medesima età, così come i fantasmi che l’accompagnano, sono anche un modo per l’adolescente di negoziare la distanza che s’impone dal padre, per il ragazzo, e dalla madre per la ragazza. Per quanto riguarda Eugenia, poi, il bisogno di investire affettivamente un’amica è in lei ancora più forte che in altre sue coetanee per il tipo di relazione che ha avuto con sua madre. Fin da bambina, infatti, è sempre corsa dietro ad una madre indisponibile, alla ricerca di un amore che questa non riusciva a darle. Ora, attraverso questi fantasmi di un’amicizia molto viva per la sua amica del cuore (da cui non riesce ancora a staccarsi per avere una storia con un ragazzo), Eugenia mostra in realtà di allontanarsi dalla madre in una età, l’adolescenza, in cui è necessario prendere le distanze dai genitori.[Psicologia Contemporanea - Set/Ott 2009 - n. 215]
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