Per Hobbes le persone sarebbero inclini alla aggressività verso i propri simili, quindi necessitano di istituzioni sociali in grado di reprimere le tendenze antisociali e assoggettarle alle esigenze della convivenza civile. Rousseau sostiene la concezione di una natura fondamentalmente buona, corrotta proprio dalle esigenze della civiltà. Anche il primo approccio psicologico alla spiegazione dei comportamenti aggressivi parte dal rapporto fra la natura umana delle esigenze della convivenza: Freud afferma che l’aggressività umana è inevitabile e frutto della tensione fra due istinti primari, quello di autoconservazione (Eros) e quello di autodistruzione (Thanatos). Mentre il primo ci fornisce l’energia vitale, necessaria per la sopravvivenza, dal secondo ci deriva un’energia distruttiva che deve essere in qualche modo indirizzata verso l’esterno per consentire alla prima di prevalere. Il comportamento aggressivo è una strategia di riorientamento di tale energia negativa.
Nel saggio il «Disagio della civiltà» Freud sostiene che la civiltà pone limiti alla manifestazione delle pulsioni aggressive attraverso norme, comandamenti e restrizioni, ottenendo tuttavia soltanto di riuscire a prevenire i peggiori eccessi dell’aggressività umana. In queste limitazioni sta anche il contrasto fra la libertà individuale e la civiltà: il singolo è costretto a rinunciare ad una parte della propria libertà in cambio della sicurezza che offre la vita in società. Le pulsioni individuali devono essere subliminate, convogliate cioè su menti socialmente desiderabili, quali le creazioni artistiche, la produzione scientifica o le costruzioni ideologiche.
L’approccio etologico condivide con quello freudiano l’idea della naturalità dell’aggressività umana. Gli studiosi ritengono che si debba osservare il comportamento di individui di specie diverse da quella umana per stabilire se è possibile rinvenire comportamenti di aggressività non imputabili a fattori sociali o culturali. Entrambi gli approcci delineati ritengono che i comportamenti aggressivi rispettino la logica del modello idraulico: l’energia istintuale deve essere indirizzata e non manifestata. In caso contrario si accumula e può scoppiare in modo incontrollato, anche in assenza di stimoli scatenanti. Per questa ragione la società dovrebbe trarre vantaggio dall’indirizzare le energie negative dei singoli verso forme di scaricamento socialmente accettabili (ad es. le competizioni sportive). Tale metafora però si rivela inadeguata alla spiegazione delle evidenze empiriche. Da molte ricerche condotte per verificare tale ipotesi emerge in modo sempre più chiaro che le persone che hanno possibilità di manifestare comportamenti aggressivi non diminuiscono successivamente la propria carica di aggressività in confronto alle persone che non hanno precedentemente avuto tale possibilità. Allo stesso modo falliscono i tentativi di sostenere che l’osservazione di comportamenti violenti abbia un effetto di catarsi che si compie attraverso la sublimazione vicariante dell’energia distruttiva. Essere esposti a comportamenti violenti non è sufficiente ad eliminare l’eventuale pulsione aggressiva. Konrad Lorenz, nel testo «Il cosiddetto male» dice che l’aggressività è un bene e non un male, e che assolve a tre funzioni:
- distribuzione territoriale (effetto di lotte ,conflitti)
- selezione sessuale (lotte tra maschi, in seguito alle quali i più forti si accoppiano, avente come risultato una discendenza migliore), difesa della prole
- definizione di ordine gerarchico (società di animali gerarchicamente strutturato).
L’aggressività è pertanto funzionale e utile. Le deduzioni di Lorenz risultano esatte finchè egli inquadra l’aggressività come difensiva, ma Lorenz si spinge oltre, classificando tutta l’aggressività umana come il risultato di un’aggressione originata biologicamente che determinati fattori trasformano da forza benefica, positiva, in distruttività. Secondo Lorenz esistono tuttavia alcune conseguenze nocive dell’aggressività quali i "meccanismi frenanti", determinati dall’evoluzione (i comportamenti di minaccia, di pacificazione, di sottomissione, di fuga). Tali comportamenti riducono al minimo i danni dell’aggressività. Lorenz inoltre sottolinea il ruolo dei rituali dei combattimenti che frenano le conseguenze nocive dell’aggressività. Quali sono i motivi che caratterizzano l’aggressività umana, sempre più pericolosa e sovvertitrice dell’ordine naturale?
- Lo sviluppo tecnologico, che impedisce il contatto personale tra aggressore e vittima, che rende impossibile o molto difficile l’attuazione dei meccanismi frenanti.
- La vita in città sempre più sovraffollate e stressanti.