LO STUDIO: UNO SU TRE SCHIAVO DELLE LAMPADE – Catherine Mosher, del dipartimento di Psichiatria e Scienze del comportamento del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York e Sharon Danoff-Burg, del dipartimento di Psicologia dell’università di Albany hanno intervistato 421 studenti di college, dei quali 229 avevano fatto uso di lampade solari. Fra loro, circa il 35 per cento mostrava segni di dipendenza patologica da forzati dell’abbronzatura. I ragazzi sono stati sottoposti a test tradizionalmente usati per rilevare disturbi da abuso di sostanze, che includono domande come: «Quando ti svegli al mattino vorresti fare un lettino solare? Hai mai mancato un appuntamento per andare al solarium? Ti senti mai in colpa per usare così tanto apparecchiature abbronzanti?». Il tutto unito a questionari su ansia e depressione.
«VORREI SMETTERE MA …» - La parola «tanoressia» è un neologismo coniato qualche anno fa unendo l’inglese «tan», abbronzatura, all’anoressia. Come gli anoressici non si vedono mai abbastanza magri, i tanoressici non si vedono mai abbastanza scuri. E proprio come alcolisti e tabagisti, sanno benissimo quali rischi corrono, ma non riescono a dire basta. Tutti gli utilizzatori compulsivi intervistati da Mosher e Danoff-Burg hanno dichiarato di conoscere i rischi di tumore della pelle ma quasi nessuno rinuncia per questo alla carnagione ultradorata. Il 78 per cento di loro ha tentato invano di dare un taglio alle sedute in solarium e si è sentito in colpa per questo. Inoltre, più dei loro coetanei pallidi mostrano segni di ansia e più di loro usano alcol, marijuana e altre droghe. Quale sarebbe il nesso? Secondo gli autori, sia l’abuso di raggi Uv sia quello di sostanze possono essere considerati mezzi per regolare le emozioni e gestire la sofferenza. Un’altra ipotesi sollevata da altre ricerche (ma mai confermata) è che l’abbronzatura stimoli il rilascio di endorfine, sostanze prodotte dall’organismo legate a sensazioni di euforia e piacere.
MA LA TANORESSIA ESISTE DAVVERO? - Vale la pena «inventare » una nuova patologia? Mariella Orsi, sociologa e responsabile del Ce.S.D.A. (Centro Studi, Ricerca e Documentazione dipendenze e Aids) del Dipartimento Dipendenze dell’A. U.S.L. 10 di Firenze preferisce essere cauta: «È un campo tutto da studiare, ma penso che discuterne, evitando magari di parlare già di “dipendenza da” e di “dipendenze multiple”, sia utile. Serve a percepire nuovi comportamenti di carattere compulsivo nella nostra epoca – basti pensare alle dipendenza da internet o dal gratta e vinci -. La tanning addiction può manifestarsi nei giovani, ma non solo (quanti cinquantenni ultra-abbronzati si vedono al mare e in montagna?) , in persone a disagio, che fanno fatica ad accettarsi, e innescare un circolo vizioso per cui il colore non è mai abbastanza. È importante sapere che certi comportamenti sono in aumento e che sono un pericolo per la salute, come ben sanno i dermatologi».
RISCHI ALTI PER I PIU’ GIOVANI - Prima dei 30 anni la tintarella artificiale aumenta del 75 per cento il rischio di sviluppare un melanoma, il più aggressivo fra i tumori della pelle. Lo ha accertato l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), che nel 2009 ha classificato le lampade solari come cancerogeni certi, e lo ricordano i dermatologi in occasione della prima edizione italiana dell'Euromelanoma Day, una giornata dedicata alla prevenzione e alla diagnosi precoce dei tumori cutanei. Organizzata dalla SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse), l’iniziativa si terrà lunedì 10 maggio. Nelle principali città italiane, dermatologi volontari incontreranno i cittadini per fornire informazioni e offrire screening gratuiti della cute. Per conoscere l’elenco dei centri si può chiamare il numero verde 800-591309 o consultare il sito internet www.sidemast.org.
EVITARE IL FAI-DA-TE – Ma quanti sono i consumatori compulsivi di Uv in Italia? «Non si sa. Mancano i dati, non li hanno neppure nei Paesi con i divieti più severi, come Regno Unito e Brasile» risponde Danilo Garone, responsabile del settore Benessere della Cna (Confederazione nazionale artigianato e piccola e media impresa). «È innegabile che ci sia un uso un po’ smodato dell’abbronzatura, un fatto di moda e costume che soprattutto i giovani non sanno governare – prosegue - . Per questo è essenziale la presenza di personale preparato accanto alle apparecchiature, come del resto prevede la legge. Non dimentichiamo che fino a qualche tempo fa in Italia c’erano le lampade a gettone, che il cliente gestiva a piacere senza un’estetista che vigilasse e informasse sulle precauzioni corrette, come togliersi le lenti a contatto o evitare la seduta se si assumono farmaci. I ragazzi devono sapere che i danni provocati a 18 anni non si vedono dopo sei mesi, ma 40, con invecchiamento precoce e patologie varie, fra cui i tumori della pelle».
IL FAR WEST DELLA TINTARELLA - In realtà siamo ancora lontani da una vera tutela dell’utenza, che resta nelle mani della serietà dei singoli esercenti. Alla fine del 2009 un’indagine diAltroconsumo in 50 centri abbronzanti di otto città ha dimostrato che i clienti si possono arrostire senza limiti, le norme non ci sono (solo la regione Piemonte ha un regolamento regionale in materia che permette di applicare la legge) e i controlli delle Asl sono eccezioni. Nella gran parte dei casi le porte delle docce solari si sono spalancate per ragazze bianchissime, senza occhialini protettivi, senza domande sul tipo di pelle o sull’uso di farmaci fotosensibilizzanti (antibiotici, pillola anticoncezionale). I minori? Nell’80 per cento dei centri sono i benvenuti.
Donatella Barus
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