Una recente campagna pubblicitaria in favore del gioco d’azzardo ha diffuso uno spot televisivo dove si fa esplicito riferimento alla serotonina, quale neurotrasmettitore prodotto dall’emozione del gioco. In particolare, una donna, le cui fattezze sono nascoste da elaborazioni grafiche molto colorate, descrive la soddisfazione ed il piacere del gioco, che le fa produrre serotonina.
“E’ evidente l’intento dello spot di associare l’attività del gioco d’azzardo ad effetti positivi ed alla felicità. Infatti - ha spiegato l’Avvocato Donatella Mazza, che ha segnalato il caso come una violazione delle norme a tutela del consumatore sia all’Antitrust e all’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicità - la serotonina è universalmente associata, almeno a livello divulgativo, alla felicità ed al buon umore oltre che alla cioccolata, e, comunque, a concetti di alto valore positivo.
Non si può ignorare, però, che in questi ultimi mesi le cronache parlano di drammi proprio legati al gioco.Nella forma patologica, il gioco d’azzardo è infatti un disturbo classificato dall’Associazione Psichiatrica Americana tra i “Disturbi del controllo degli impulsi”, con forti affinità e similitudini, soprattutto con l’abuso di sostanze e le dipendenze, nonché con i Disturbi Ossessivo Compulsivi. I giocatori compulsivi (o patologici) sono individui che, nel tempo, sviluppano una progressiva quanto cronica incapacità di resistere all’impulso di giocare; per i giocatori sociali, invece, il gioco d’azzardo resta uno svago in cui investire deliberatamente parte del proprio tempo e del proprio denaro. Per alcuni di loro, tuttavia, tale divertimento si trasformerà in dipendenza.
“In ogni caso - ha commentato l’Avv. Mazza - il gioco non è un’attività produttiva, perché non produce ricchezza: la sposta soltanto, con un incremento soprattutto nei periodi di crisi, come quello attuale. Appare dunque grave e meschino trasmettere messaggi così distorsivi della realtà, senza minimamente tener conto dell’impatto negativo che il gioco ha, inevitabilmente, sul piano personale, lavorativo, familiare e sociale, alimentando false speranze e spingendo le persone a credere che, davvero, il gioco possa avere effetti positivi sul proprio benessere”.
Fonte: Ufficio stampa Inmediares
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